Viene meno l’impianto accusatorio contro le maestre di Caselle in Pittari accusate di maltrattamenti a danno di bambini dai 6 agli 11 anni avvenuti tra gli anni 2011 e 2014. Il giudice riqualifica il reato riconoscendo per le maestre il solo reato di abuso dei mezzi di correzione e respingendo la richiesta di risarcimento del danno avanzata dagli avvocati delle famiglie. La procura aveva chiesto condanne per 3 delle 4 insegnanti coinvolte e accusate del grave reato di maltrattamenti in famiglia, reato che, come dall’art. 572 del Codice Penale si riferisce anche a maltrattamenti avvenuti a danno di persone sottoposte all’autorità della persona accusata per fini educativi. Da qui l’accusa verso 3 delle 4 maestre indagate e difese rispettivamente dagli avvocati Patrizia Plaitano insieme a Michele Tedesco, Franco Maldonato; Iolanda Cennamo e Nicola Pellegrino. Quest’ultimo difensore dalla docente che, a differenza delle altre doveva rispondere della sola accusa di abuso dei mezzi di correzione che prevede una pena di 3 mesi con sospensione condizionale per il quale il PM aveva chiesto l’assoluzione, concessa dal giudice. Assoluzione arrivata anche per l’allora preside dell’istituto accusato del reato di omissione e per il quale il PM aveva chiesto la condanna a 9 mesi, mentre il giudice ha deciso per l’assoluzione. Per le tre maestre che dovevano rispondere dell’accusa più grave, il giudice, a seguito del lavoro svolto dagli avvocati delle tre docenti, Plaitano, Tedesco, Maldonato e Cennamo, ha stabilito la modifica del capo di accusa riqualificandolo in un reato meno grave. Le tre maestre erano accusate di maltrattamenti in famiglie che prevede una pena che va dai 2 ai 6 anni di carcere e per le quali il PM aveva chiesto la condanna a 2 anni e otto mesi di reclusione. Il giudice, nell’emettere la sentenza ha invece stabilito la riqualificazione dei reati e, per le tre maestre accusate di maltrattamenti è stato invece riconosciuto il solo reato di abuso dei mezzi di correzione, decisione questa che ha prodotto una decurtazione della gravità del reato e quindi della pena, fissata in 3 mesi sospesa. Il giudice del Tribunale di Lagonegro, nell’emettere la sentenza ha stabilito il non riconoscimento del risarcimento del danno richiesto dalle parti, rigettando di fatto la richiesta avanzata dalle famiglie.
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