Covid, da Polla il dott. Pierdomenico Di Benedetto a Uno Mattina

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Il rapporto degli italiani con il covid tra infodemia e necessità di una gestione meglio organizzata della pandemia. Un tema di cui si è occupata oggi la trasmissione UnoMattina. Ad intervenire da Polla su Rai1 il dott. Pierdomenico Di Benedetto, medico internista, in qualità di operatore sanitario e paziente affetto covid durante la prima fase.

In studio i conduttori Monica Giandotti e Marco Frittella e in collegamento, anche lui da remoto, anche il giornalista Beppe Severgnini.

Il dott. Di benedetto, oltre a raccontare la sua esperienza durante il ricovero al Luigi Curto, ha parlato di medicina territoriale insistendo sulla necessità di potenziarla.

“La malattia – ha spiegato – ti da due sensazioni:  un grande senso di solitudine, ti trovi da solo e dall’altra parte e ti manca il contatto con i familiari, e la gratitudine per i colleghi che riescono a darti speranza”. E proprio a proposito degli “operatori sanitari – ha detto il medico di Polla -  vanno per tempo formati e dotati degli strumenti necessari ad affrontare l’emergenza in modo che non restino alla mercé di una pandemia che, almeno inizialmente, non conoscevamo. Vanno informati con una linea unica dettata da un organismo unico che usa un linguaggio unico. Non va bene regionalizzare e marginalizzare la sanità”.

Da operatore sanitario in prima linea ha molto insistito sulla necessità di un potenziamento della medicina sul territorio per lasciare gli ospedali liberi di occuparsi dei casi clinici importanti, che si tratti di positivi al coronavirus o di malati affetti da altre patologie oggi purtroppo trascurate.

“Le pandemie – ha concluso il dott. Di Benedetto – si gestiscono e si vincono sul territorio. Non bisogna far arrivare le persone in ospedale quindi occorre preparare task force vere, con assunzioni vere, per un team territoriale. Si doveva partire il 31 gennaio quando è stato proclamato lo stato di emergenza per far sì che le persone fossero curate dentro casa. Ora, in questa seconda fase, bisogna lavorare molto per evitare la corsa agli ospedali” e fare in modo che i casi clinici meno importanti possano essere gestiti fuori dai nosocomi.

Rosa ROMANO

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